db Magazine
January 23, 2023
D-Orbit | SPACE MEN
Due ingegneri italiani portano avanti un piano ambizioso: un’economia satellitare sostenibile in grado di risolvere i principali problemi del futuro. Renato Panesi e Luca Rossettini sono già andati molto lontano.
Nei laboratori di D-Orbit a Como si fa ricerca sulle infrastrutture spaziali di domani
Lo scenario descritto da Luca Rossettini sembra fantascienza: un satellite orbita intorno alla Terra, l’energia a bordo sta per esaurirsi. Si avvicina un cargo spaziale di dimensioni maggiori. È una manovra audace, perché entrambi i veicoli sfrecciano intorno al pianeta nelle rispettive orbite a più di 20.000 chilometri orari. Il mezzo più grande ha il compito di ricaricare la batteria del più piccolo. Un’operazione di avvicinamento delicata e un calcolo complesso, in cui i computer di bordo di diversi altri satelliti uniscono le forze in un Cloud per manovrare con precisione la pericolosa missione. Infine, il cargo si aggancia in modo sicuro a un modulo del satellite e lo ri fornisce di carburante, allungando così la vita utile della costosa tecnologia spaziale. La missione è riuscita. Tra qualche anno, il grande trasportatore passerà di nuovo per ritirare il satellite alla fine del suo viaggio, in modo che non rimanga in orbita come rottame.
Luca Rossettini non è un autore di fantascienza. È uno scienziato e imprenditore, e lo scenario che ha appena descritto potrebbe avve rarsi nel giro di qualche anno. Perlomeno se i suoi piani insieme al socio Renato Panesi andassero in porto com’è accaduto di recente. Con la loro società D-Orbit, con sede a Como, si sono posizionati tra i pionieri di una nuova forma di logistica spaziale. Dal primo volo della loro piattaforma ION nel 2020, hanno già rilasciato ben 60 satelliti su orbite precise nel corso di sei missioni. È una straordi naria storia di imprenditoria europea di due uomini, che dieci anni fa venivano ancora derisi per le loro idee. Il ricordo è ancora vivo.
Rossettini e Panesi hanno entrambi studiato e conseguito un dottorato in ingegneria aerospaziale, il primo a Milano, il secondo a Pisa. Si sono conosciuti nella primavera del 2009 facendo domanda per una borsa di studio Fulbright. Vennero selezionati entrambi per il programma, il cui scopo era supportare il lavoro accademico e promuovere lo sviluppo di un’idea di business. “Eravamo gli unici tra i 15 borsisti ad occuparci di viaggi nello spazio”, ricorda Panesi. Si incontrarono di nuovo in California a settembre. “Da lì è iniziata la nostra storia comune”, prosegue. Insieme frequentarono il centro di ricerca Ames della NASA nella Silicon Valley e seguirono dei corsi alla Santa Clara University e a Stanford. Si piazzarono tra i finalisti di uno dei più prestigiosi concorsi per piani d’impresa della Rice University di Houston.
Renato Panesi (a sinistra nella seconda foto) e Luca Rossettini hanno una visione: l’economia circolare nello spazio
L’obiettivo che i due italiani conseguono fin da allora è estremamente ambizioso. “Abbiamo sempre puntato a creare un’infrastruttura logistica spaziale su scala interplanetaria, che permetta alla nostra società di pianificare un futuro realistico”, dice Rossettini. Quello che la maggior parte dei non addetti ai lavori all’epoca ancora non capiva era la rapidità con cui sarebbe aumentato il numero di satelliti nello spazio e con esso il carico di detriti spaziali sulle orbite terrestri. Infatti, negli ultimi anni si è verificato un cambiamento. Accanto alla crescente privatizzazione dell’industria missilistica, il business dei satelliti in particolare ha subito una forte accelerazione. I veicoli aerei high-tech di oggi sono molto più piccoli e leggeri dei loro predecessori, per cui il mercato dei satelliti commerciali è cresciuto esponenzialmente e con esso il carico sulle orbite terrestri. I vecchi componenti rimasti in orbita rappresentano un pericolo enorme, già solo la collisione con una vite può essere fatale per un satellite. Ci sono in gioco milioni di dollari, ma anche e soprattutto la futura utilizzabilità dello spazio. “Oggi solo la metà dei satelliti viene smaltita in modo corretto”, dice Rossettini, “ma si nota che ora gli operatori sono disposti a spendere di più per risolvere il problema.” La sostenibilità nell’economia spaziale è uno dei fondamenti delle attività di D-Orbit. Chiunque firmi un contratto con l’azienda italiana deve anche impegnarsi ad adottare una strategia di smaltimento dei futuri rifiuti spaziali, altrimenti non ci può essere alcuna collaborazione. Il primo prodotto che D-Orbit ha introdotto sul mercato è stato un decommissioning device, ossia un motore per manovrare fuori orbita in sicurezza i satelliti al termine del loro ciclo di vita.
D-Orbit punta molto in alto. I fondatori hanno messo a punto un processo di sviluppo dei prodotti che parte dalla fine per poi tornare nel presente passo dopo passo. L’obiettivo non è solo un’industria satellitare più sostenibile: “Per noi il futuro prossimo è un’economia circolare nello spazio”, afferma Rossettini. Solo così si potrà fare un uso sano dello spazio a lungo termine. Partendo da questa ampia vi- sione, i fondatori di D-Orbit e il loro team progettano prodotti e mercati pensati per essere adatti alla prossima fase dello sviluppo. Ma prima che un giorno i satelliti spaziali possano essere non solo smaltiti in modo sicuro, ma anche smontati per poterne riutilizzare i componenti, c’è ancora molto da fare. C’è bisogno di veicoli spaziali più grandi, stazioni di riciclaggio e missili speciali per raccogliere i rifiuti nello spazio. Rossettini e Panesi, però, sono ottimisti. “Abbiamo già l’80% delle capacità necessarie per la ricarica e la raccolta dei satelliti.” Entro il 2024/2025 D-Orbit vuole essere in grado di effettuare interventi di manutenzione sui satelliti nello spazio o di con- tribuire al loro smaltimento sicuro.
Alla base di questi progetti c’è la tecnologia con cui l’azienda si fa notare già dal 2020. Il cargo ION che il team ha costruito a Como è una sorta di camion spaziale. D-Orbit carica i satelliti di vari clienti su questa piattaforma e, una volta nello spazio, la usa per consegnarli direttamente nella posizione richiesta nell’orbita. Questo consente ai partner di risparmiare tempo e carburante. “I nostri clienti ne ricavano un valore dai due ai sei milioni di dollari per satellite”, dice Rossettini. D-Orbit ha appena ricevuto un cofinanziamento dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) per proseguire il lavoro su questa soluzione logistica; la somma di 1,95 milioni di euro verrà utilizzata per industrializzare la piattaforma. Vale la pena di notare che D-Orbit ha già utilizzato la propria tecnologia insieme ai satelliti di partner rinomati come Planet Labs, di cui Google è un importante investitore. Così come il fatto che l’azienda sia riuscita ad arrivare fino a questo punto.
Quando Rossettini e Panesi hanno cercato di raccogliere capitali per la loro visione dieci anni fa, sono stati accolti con incredulità e scherno. Dunque, non hanno preso la strada della Silicon Valley, dove spesso il capitale di rischio porta direttamente all’obiettivo, ma hanno sviluppato gradualmente prodotti e servizi che potevano essere commercializzati rapidamente. Ad oggi hanno raccolto un capitale di appena 20 milioni di euro. “È con questo che siamo andati nello spazio. Creiamo mercati e mostriamo ai nostri clienti ciò di cui hanno bisogno.” Com’è evidente, si può guadagnare anche in questo modo: il margine lordo per le missioni satellitari si aggira tra il 40 e il 50 %, a cui si aggiungono le quote di abbonamento per gli utenti della tecnologia a bordo della piattaforma ION.
D-Orbit è la prima azienda a trasportare l’idea di sostenibilità nello spazio. Quest’obiettivo è stato integrato nei suoi statuti come parte della sua finalità commerciale: quando il concetto di B Corp (Benefit Corporation) ha iniziato a prendere piede, D-Orbit è stata la prima azienda nel settore dell’economia spaziale ad adottarne i principi. Inoltre, i due fondatori sono stati tra i primi in Italia a convertire la loro azienda in una Benefit Corporation, ossia una società che non ha per obiettivo solo il profitto, ma anche l’orientamento al bene comune. Per cui è altrettanto degno di nota che Rossettini e Panesi non abbiano rivolto lo sguardo solo al cielo. “Al momento ci stiamo concentrando molto sulle persone”, afferma Rossettini. Per esempio, nella D-Orbit Academy, dove scolari e giovani studenti universitari hanno la possibilità di entrare in contatto con progetti che in futuro saranno applicati ai viaggi nello spazio. Non si tratta solo di attrarre talenti per l’azienda. Rossettini vede in questo una missione per tutta l’umanità: “Crediamo che sia importante far co- noscere l’approccio dell’economia circolare ai giovani.”
Testo: Tim Farin - Immagini Mattia Balsamini
“Oggi solo la metà dei satelliti viene già smaltita in modo corretto”
Luca Rossettini
D-Orbit
L’azienda è stata registrata in Italia nel 2011. La sede centrale con oltre 190 di- pendenti è a Como, altre sedi si trovano in Portogallo, Gran Bretagna e USA. Il team ha portato a termine la sua prima missione di trasporto in orbita nel 2020, quando il cargo ION SCV 001 Lucas è partito per lo spazio con il vettore Vega e ha rilasciato 12 satelliti nelle loro orbite di destinazione.
dorbit.space
Further links on the topic
Scopri di più su Deutsche Bank Wealth Management e sugli argomenti che contano
Fonte:WERTE N° 26 - Deutsche Bank Wealth Management
Privacy NoticeCredits
db In Focus
db Magazine