Insights CIO View April 28, 2025

PERSPECTIVES OUTLOOK MACRO E DI MERCATO APRILE 2025

OUTLOOK-MACRO-MERCATO-APRILE-2025

Nuovi progressi all’orizzonte


  • Le tariffe più elevate dovrebbero rallentare la crescita, ma non fermarla
  • La discesa dei mercati azionari offre opportunità di acquisto attraenti; prevediamo potenziale di rialzo dai livelli attuali
  • L’oro rimane il nostro strumento di copertura dai rischi preferito 

Il contesto macroeconomico è diventato più sfidante negli ultimi giorni dopo che l’Amministrazione USA ha annunciato e implementato nuove misure tariffarie a cui i partner commerciali hanno risposto con misure di ritorsione.

Nonostante sia stata annunciata una sospensione di 90 giorni per alcuni di esse, gli Stati Uniti hanno aumentato l’aliquota media dei dazi alle importazioni a livelli visti l’ultima volta all’inizio degli anni ’30. Soltanto questo elemento ha creato un ostacolo all’economia globale.

Inoltre, la continua incertezza sulle decisioni politiche future degli Stati Uniti ha pesato ulteriormente sulla crescita economica e sui mercati finanziari. Ma se un rallentamento dell’economia sembra inevitabile, non ci aspettiamo una grave recessione e crediamo che la crescita economica riprenderà verso la fine dell’anno. 

Siamo ottimisti sulla possibilità che le negoziazioni commerciali in corso ridurranno l’aliquota media effettiva dei dazi alle importazioni USA dall’attuale livello superiore al 20% a circa il 15%. Questo livello rappresenta comunque un aumento di oltre dieci punti percentuali da prima dell’annuncio dei dazi. Ci aspettiamo che l’incertezza politica rimarrà elevata nel medio termine, sebbene il picco dovrebbe ormai essere alle spalle. 

Alla luce di queste considerazioni, le nostre nuove previsioni di crescita per l’economia USA sono all’1,2% nel 2025 e all’1,1% nel 2026. Dal momento che i dazi dovrebbero avere un impatto inflattivo abbiamo anche alzato le nostre previsioni sull’inflazione al 3,2% sia nel 2025 che nel 2026. Di fronte a questo scenario, la Fed manterrà un approccio di attesa nei prossimi trimestri fintanto che non avrà maggiore visibilità sulla traiettoria dell’inflazione e della crescita.

La Fed potrebbe cominciare di nuovo a tagliare i tassi nel quarto trimestre e ridurre i tassi tre volte in totale portandoli al 3,50-3,75% entro la fine di marzo 2026. 

Abbiamo apportato anche modeste revisioni alle previsioni di crescita dell’Eurozona, dove il nuovo stimolo fiscale dovrebbe manifestare i suoi effetti più avanti nell’anno. Le nostre nuove previsioni di crescita sono allo 0,8% nel 2025 e all’1,3% nel 2026. In questo caso abbiamo rivisto al ribasso anche le previsioni sull’inflazione grazie alla discesa dei prezzi dell’energia, al rafforzamento dell’euro e alla probabile maggiore importazione di beni provenienti dalla Cina che dovrebbero portare l’inflazione al 2,0% entro la fine del 2026. La BCE, quindi, potrebbe abbassare i tassi di interesse fino all’1,75% entro la fine di marzo 2026. 

Anche la crescita della Cina dovrebbe rallentare a seguito dell’imposizione delle tariffe USA. Sebbene ci aspettiamo che stimolo fiscale di Pechino aumenterà, non sarà in grado di compensare in toto il calo delle esportazioni. Abbiamo rivisto le nostre previsioni di crescita al 4,0% nel 2025 e al 3,8% nel 2026. L’inflazione rimarrà bassa per i prossimi anni fino all’anno prossimo, rispettivamente allo 0,5% quest’anno e all’1,2% nel 2026. 

Obbligazionario: rendimenti in discesa, volatilità in aumento

Nelle ultime settimane abbiamo visto molta volatilità sui tassi di interesse, alimentata dai timori di stagflazione, minor fiducia degli investitori stranieri che hanno ridotto le proprie posizioni in Treasury USA, un riposizionamento dei fondi hedge e un aumento del “term premium”. Questi elementi hanno lasciato i titoli di Stato statunitensi alla ricerca di un nuovo equilibrio. D’ora in avanti, il maggiore term premium richiesto dagli investitori, insieme ai bisogni elevati di rifinanziamento del debito, dovrebbe bilanciare in buona parte gli impatti negativi sulla crescita e mantenere i livelli dei rendimenti vicini ai livelli attuali (marzo 2026, Treasury 10 anni target: 4,30%, Treasury 2 anni target: 3,95%). La volatilità vista di recente, però, ci suggerisce la presenza di un rischio sui rendimenti nel caso in cui le decisioni politiche mineranno di nuovo la fiducia verso il mercato dei Treasury. 

In Eurozona, le aspettative di un impatto più contenuto delle frizioni commerciali e la possibilità di una BCE più dovish hanno già contribuito ad un calo dei rendimenti del Bund di recente. Ma l’emissione massiccia di titoli di Stato della Germania per finanziare la spesa pubblica dovrebbe indurre una pressione al rialzo (marzo 2026, Bund 10 anni target: 2,50%, Bund 2 anni target: 1,60%). 

Nel mercato del credito, continuiamo ad osservare una forte domanda per le obbligazioni Investment Grade (IG) nonostante la discesa delle valutazioni. I rendimenti complessivi, infatti, rimangono attraenti e i fondamentali di bilancio delle società sono solidi. Non crediamo che questo allargamento proseguirà in maniera continua e significativa. Preferiamo i titoli IG in EUR rispetto a quelli IG in USD considerato il minor impatto dei dazi sulla crescita dell’Eurozona. 

Nel comparto High Yield (HY) gli spread si sono già allargati sulla prospettiva di un aumento dei tassi di default dovuto alle conseguenze delle nuove restrizioni commerciali sulle piccole aziende. In questo caso, crediamo che la pressione continuerà, soprattutto sul mercato in USD. Nei mercati governativi emergenti, prevediamo un allargamento degli spread dai livelli molto ristretti sui cui si trovano che riflettono i buoni fondamentali attuali seppure le prospettive di crescita si siano deteriorate con i dazi. Per quanto riguarda il mercato del credito asiatico, molte economie dell’Asia hanno notevoli surplus commerciali con gli Stati Uniti. Le tensioni sulle tariffe potrebbero intaccare la fiducia delle aziende e hanno già prodotto un allargamento degli spread dai livelli storicamente molto bassi. Anche se prevediamo una riduzione degli spread solo marginale, crediamo che il mercato offra buone prospettive di carry. 

Azionario: potenziale di rialzo attraente dai livelli attuali

La crescita economica più bassa si dovrebbe riflettere in parte sulla profittabilità delle aziende su scala globale. Abbiamo rivisto al ribasso le nostre stime di crescita degli utili per i prossimi dodici mesi nella fascia intermedia della singola cifra. Ma per l’S&P 500 la crescita degli utili dovrebbe dimostrarsi più resiliente rispetto agli episodi passati di rallentamento economico grazie al contributo importante del settore tecnologico, delle comunicazioni e della sanità, settori che dovrebbero essere relativamente isolati dall’andamento ciclico dell’economia. Per questo continuiamo a raccomandare l’investimento per il lungo periodo in questi settori negli Stati Uniti. Tuttavia, crediamo che gli investitori richiederanno un maggiore premio al rischio di fronte al contesto di elevata incertezza e quindi abbiamo rivisto al ribasso i nostri target per gli indici azionari. Entro marzo 2026, prevediamo l’S&P 500 a 5.800 punti, lo Stoxx Europe 600 a 550 e l’indice MSCI EM dovrebbe raggiungere 1.160 punti. Rispetto ai livelli attuali continuiamo a vedere un potenziale di rialzo attraente.

Considerata l’erraticità delle decisioni politiche negli Stati Uniti, non mancheranno però eventuali fluttuazioni in entrambe le direzioni che potrebbero offrire opportunità di ingresso interessanti per gli investitori che ne approfittano.

Materie Prime: la domanda di oro come “bene rifugio”

Le quotazioni dell’oro stanno incorporando un premio al rischio importante e i prezzi continueranno a muoversi al rialzo e al ribasso a seconda del flusso notizie positivo o negativo. Ma il deprezzamento del USD e la domanda in qualità di “bene rifugio” continuano a lasciare buone prospettive per l’oro. La de-dollarizzazione delle riserve delle Banche Centrali dovrebbe acquisire ulteriore slancio dopo gli sviluppi recenti e l’oro dovrebbe beneficiarne (marzo 2026, oro target: USD 3.600/oncia). 

Le agenzie internazionali hanno già cominciato a ridurre le proprie previsioni sulla crescita della domanda di petrolio per quest’anno, da una parte, a causa degli annunci sulle tariffe, dall’altra, a causa del minor sostegno ai prezzi da parte dell’OPEC+ che sta tentando di riguadagnare quote di mercato. Anche se i prezzi più bassi potrebbero ridurre l’offerta da parte dei Paesi non-OPEC+, l’offerta di petrolio dovrebbe essere più che sufficiente, rallentando l’aumento dei prezzi (marzo 2026, Brent target: USD 63/barile). 

I prezzi del rame si sono mossi molto e in entrambe le direzioni a causa delle preoccupazioni sulla crescita economica cinese e dello studio da parte dell’Amministrazione Trump di dazi ad-hoc per le importazioni di rame. Crediamo che la discesa del USD e l’offerta che continua ad essere scarsa dovrebbero controbilanciare i rischi sulla domanda (marzo 2026, rame target: USD 9.500/tonnellata). 

Tassi di cambio: intaccato l’eccezionalismo del USD

L’aumento delle aspettative di inflazione e i rendimenti elevati non sono stati sufficienti a supportare il USD nelle ultime settimane. Al contrario, l’incertezza sulle politiche tariffe con i continui dietrofront e le critiche del Presidente Trump alle decisioni della Fed hanno messo in dubbio la fiducia degli investitori nei confronti degli Stati Uniti. La parziale messa in dubbio della fiducia verso gli asset denominati in USD ha causato un deflusso dagli Stati Uniti dopo anni di continui afflussi. Rispetto all’EUR, il USD è sceso ai livelli più bassi dal 2021. Guardando avanti, prevediamo nuova debolezza del USD e l’EUR/USD a 1,18 entro la fine di marzo 2026 a seguito dell’incertezza politica negli Stati Uniti e la dinamica di crescita relativa sfavorevole agli Stati Uniti. Precisiamo che non ci aspettiamo alcuna perdita di fiducia importante verso gli asset USA, ma solo un aumento del premio al rischio dovuta all’incertezza. 

La Cina finora si è trattenuta dall’adottare una svalutazione importante del CNY per rispondere alle politiche commerciali aggressive degli Stati Uniti e prevediamo che continuerà a preferire una divisa stabile. Per questo motivo, nonostante la revisione al ribasso delle previsioni di crescita, ci aspettiamo solo una modesta svalutazione del CNY con il USD/CNY al 7,50 entro la fine di marzo 2026. 

Il recupero del JPY dovrebbe proseguire grazie agli acquisti in qualità di “bene rifugio” durante le turbolenze di mercato. La normalizzazione della politica monetaria, seppure più lenta rispetto a quanto previsto in precedenza, dovrebbe essere un elemento di sostegno alla divisa. Prevediamo il tasso di cambio USD/JPY a 135 entro la fine di marzo 2026.