CIO View June 12, 2025

PERSPECTIVES OUTLOOK MACRO E DI MERCATO - Giugno 2025

MACRO: Accordi bilaterali & spesa pubblica | OBBLIGAZIONARIO: Politiche fiscali al centro dell’attenzione | AZIONARIO: Recupero completato, ma c’è spazio per nuovi rialzi

PERSPECTIVES-JUNE-2025

Lettera agli investitori

Nuovo impeto per gli investitori

Dinamismo economico, prospettive di inflazione in calo e consumi domestici solidi: fino a poco tempo queste caratteristiche erano attribuite soprattutto agli Stati Uniti. Ma i tempi sono cambiati e ora la prima economia mondiale deve affrontare delle sfide che si è autoimposta. Al contrario, lo scenario dell’Eurozona è migliorato, seppure anche da questo lato dell’oceano, ed in particolare in Germania, le esportazioni subiranno un rallentamento in seguito ai dazi statunitensi. 

Il periodo di massima incertezza sulle politiche commerciali dovrebbe alle spalle. Ma l’impatto economico e finanziario è tutto al di fuori che chiaro. In questo contesto, crediamo che la crescita dell’Europa e degli Stati Uniti andrà verso una convergenza da entrambe le direzioni. Anche se non ci sono vincitori durante le guerre commerciali, l’economia statunitense dovrebbe essere più penalizzata dai dazi che si è autoinflitta. 

Sui mercati finanziari si sta delineando uno scenario più bilanciato. Tutti i maggiori indici azionari hanno registrato un recupero dopo le perdite accumulate dalla dichiarazione dei “dazi reciproci” da parte del Presidente Trump all’inizio di aprile. Il recupero è avvenuto grazie alla sospensione dei dazi arrivata soltanto una settimana dopo il loro annuncio. La risalita degli indici azionari è avvenuta anche negli Stati Uniti dove i mercati sono stati aiutati dalla crescita degli utili del settore tecnologico, un settore che è meno esposto ai dazi rispetto all’economia reale. Nei prossimi 12 mesi, ci aspettiamo nuovi rialzi, nel range intermedio della singola cifra, per i mercati statunitensi, europei, giapponesi e quelli emergenti. Ma la volatilità rimarrà molto elevata. 

Quali sono le implicazioni di questo contesto per gli investitori? Fondamentalmente, crediamo che abbia senso rivalutare la composizione dei propri portafogli. Questo perché i flussi di capitale degli ultimi anni verso il mercato statunitense dovrebbero diminuire e

quindi offrire opportunità per una maggiore diversificazione a livello regionale, per esempio, per un portafoglio di investimento a lungo termine basato su un’allocazione strategica degli investimenti che include una gestione attiva della duration. Questo potrebbe tradursi in un investimento in titoli azionari tedeschi al fianco delle azioni della tecnologia negli Stati Uniti, così come obbligazioni societarie di qualità in EUR. 

Dateci la possibilità di sviluppare per voi una strategia di investimento personalizzata.

 Christian-Nolting-Global-CIO

Christian Nolting
CIO Globale Deutsche Bank

Macro: Accordi bilaterali & spesa pubblica


  • Crescita: USA in rallentamento ed Eurozona in recupero.
  • Dazi: ancora poca visibilità, nessun vincitore ma il consumatore USA sarà il più penalizzato.
  • Politica fiscale: non è tempo di austerità.

 Nel Q1, l’economia USA si è contratta ad un ritmo annualizzato dello 0,2%, in contrasto con la crescita solida del 2,8% dell’anno scorso. Un aumento delle importazioni da parte delle aziende e dei consumatori in vista dei dazi più elevati ha contribuito al rallentamento. Il periodo di massima incertezza sul fronte commerciale dovrebbe essere alle spalle, ma i possibili impatti economici non sono ancora chiari. Il deterioramento del sentiment delle famiglie e delle imprese a causa delle continue giravolte di Trump sui dazi lascia intendere un possibile rallentamento. Dopo gli accordi commerciali preliminari con Regno Unito e Cina, di recente ci sono stati dei disaccordi con altri partner commerciali di rilievo. Nelle ultime settimane, inoltre, l’attenzione del mercato si è spostata anche sulla legge fiscale del Presidente Trump. Se dovesse essere approvata dal Congresso, la spesa pubblica elevata dovrebbe aiutare a stabilizzare la crescita statunitense all’1,2% nel 2025 e all’1,3% nel 2026. 

Con l’imposizione dei dazi prevediamo un aumento delle pressioni sui prezzi durante la H2 2025. L’inflazione dovrebbe raggiungere il 3,3% nel 2025 e rimanere al 3.2% nel 2026. Se il mercato del lavoro rimane solido, la Fed manterrà un atteggiamento prudente (per mantenere ancorate le aspettative di inflazione ed evitare effetti di second’ordine) e allenterà la politica monetaria solo gradualmente fino al 3,25%-3,50% entro la fine di giugno del 2026. 

Il PIL dell’Eurozona è cresciuto dello 0,3% QoQ nel Q1. La domanda domestica è stata buona e la discesa dell’inflazione insieme ai minori costi di finanziamento dovrebbe stimolare la crescita. Se da un lato le tensioni commerciali bilaterali tra Bruxelles e Washington stanno pesando sul sentiment delle aziende, la politica fiscale espansiva legata alla spesa per la difesa dell’UE e al rilassamento dei vincoli di bilancio in Germania dovrebbe gradualmente dispiegare i suoi effetti nei prossimi trimestri e sostenere una crescita del PIL pari all’1,1% nel 2025 e all’1,4% nel 2026. I costi dell’energia più bassi e un rafforzamento dell’EUR dovrebbero mantenere l’inflazione vicina al target della BCE del 2% sia quest’anno che l’anno prossimo e consentire alla BCE altri due tagli dei tassi nell’arco dei prossimi quattro trimestri portando i tassi di interesse all’1,75%

L’economia giapponese dovrebbe riprendersi durante la seconda metà dell’anno. La crescita dei salari dovrebbe sostenere la domanda domestica e controbilanciare la discesa di quella estera. Per il 2025, prevediamo una crescita del PIL dello 0,9% ed un’inflazione del 3,0%.

Uno scenario che permetterà alla BoJ di alzare i tassi di interesse entro metà 2026 dallo 0,5% all’1,0%. L’aumento dei costi di finanziamento dovrebbe ridurre l’inflazione successivamente nel corso del 2026 al 2,0% ma al costo di una minore crescita (0,7%). 

In Cina, la recente de-escalation commerciale ha alimentato la possibilità di un accordo con Washington. Per mitigare l’impatto dei dazi USA e stimolare il consumo interno, Pechino si affiderà alla spesa pubblica e ad un allentamento moderato della politica monetaria. Queste manovre, però, dovrebbero inficiare almeno in parte i tentativi di ridurre l’eccesso di offerta di beni e influenzare la dinamica dei prezzi e della crescita. L’obiettivo del 5% di crescita sembra sfidante. Prevediamo una crescita reale del PIL al 4,0% nel 2025 e un rallentamento al 3,8% nel 2026.

Obbligazionario: Politiche fiscali al centro dell’attenzione


  • I rendimenti dei titoli di Stato dovrebbero rimanere elevati di fronte a pressioni fiscali e “term premium” in aumento.
  • Il mercato del credito è solido, con buoni fondamentali e rendimenti attraenti.
  • I rischi geopolitici rimangono poco prezzati e potrebbero far salire gli spread dei mercati emergenti.

Le discussioni sulla legge fiscale negli Stati Uniti, che dovrebbe confermare la spesa pubblica elevata e sollevare dubbi sulla sostenibilità a lungo termine del debito, hanno tenuto i rendimenti dei Treasury USA su livelli elevati.

I “bond vigilantes” rimarranno in allerta, spingendo i rendimenti al rialzo in seguito ai deficit fiscali molto elevati. La volatilità dei rendimenti alimenterà l’incertezza offuscando le aspettative sulla politica monetaria. Nel frattempo, i rischi sul fronte fiscale e inflattivo hanno fatto salire i “term premium” dal momento che gli investirori richiedono una maggiore remunerazione per detenere titoli a lunga scadenza. Questo contesto dovrebbe perdurare, mantenendo rendimenti e volatilità elevati per i Treasury (giugno 2026, target Treasury USA a 10 anni: 4,50%; target Treasury USA a 2 anni: 3,75%).

Gli investitori internazionali potrebbero riallocare i propri portafogli verso il Bund grazie ai buoni rendimenti offerti agli investitori USA dai titoli di Stato tedeschi a lunga scadenza una volta coperti per il rischio di cambio e dopo che la domanda di Treasury come bene rifugio è stata messa in dubbio. Tuttavia, l’offerta massiccia di Bund per finanziare la spesa per la difesa, le infrastrutture e i piani di rinnovamento strutturale dell’economia tedesca aumenteranno la pressione al rialzo (giugno 2026, target Bund a 10 anni: 2,50%; target Bund a 2 anni: 1,60%). 

I rendimenti dei titoli di Stato italiani continueranno a beneficiare della maggiore cooperazione all’interno dell’UE di fronte al conteso di tensioni geopolitiche. Il quadro macro domestico è resiliente e le prospettive sono stabili, favorendo un basso livello per lo spread italiano.

Il mercato del credito Investment Grade (IG) ha recuperato dopo l’allargamento degli spread avvenuto con l’annuncio dei dazi. I rendimenti attraenti e un quadro tecnico buono supportano il credito USD IG. In Europa, il mercato EUR IG è ancora interessante, considerato l’outlook di crescita positivo, soprattutto in Germania. Entrambi i mercati sono ben supportati e il sentiment degli investitori verso l’asset class è favorito dai fondamentali societari buoni e la qualità del credito. Gli investitori dovrebbero continuare a considerare positivamente l’opportunità di reddito offerta da questo segmento.

Anche il mercato dei titoli high yield (HY) ha recuperato terreno dopo il “Liberation Day”, con un’emissione significativa accompagnata da una domanda stabile sia negli Stati Uniti che in Europa. Il mercato USD HY offre un rendimento complessivo del 7,5% e un profilo di scadenze gestibile, mentre in Europa il segmento EUR HY è soggetto a rischi politici e settoriali. I tassi di default dovrebbero salire moderatamente. Anche se gli spread dovessero allargarsi dai livelli correnti a causa dell’incertezza, i rendimenti complessivi offrono un’opportunità attraente da un punto di vista storico. 

Gli spread di titoli di Stato dei mercati emergenti (EM) sono vulnerabili alle manovre imprevedibili di Trump sul fronte commerciale, che aggiungono incertezza geopolitica ed economica. I livelli attuali degli spread sono troppi contenuti per riflettere questi rischi di breve termine e potrebbero quindi essere soggetti ad un allargamento se gli investitori dovessero rivalutare i fondamentali e la direzione delle politiche.

Azionario: Recupero completato, ma c’è spazio per nuovi rialzi


  • L’outlook per i mercati azionari è ancora positivo ma con volatilità.
  • Gli utili delle società USA sono solidi, con record di riacquisto di azioni proprie e capex guidate dall’IA.
  • Possibilità di nuovi rialzi in Europa, EM e Giappone – prevalentemente grazie agli utili aziendali.

I mercati azionari hanno registrato un forte recupero dopo che il Governo USA, il 9 aprile, ha deciso di sospendere i cosiddetti dazi reciproci. Il posizionamento degli investitori è passato da essere in sottopeso ad un territorio di neutralità grazie ai minori rischi di un rallentamento economico causato dai dazi, un miglioramento nelle condizioni finanziarie, la volatilità in calo e i buoni utili aziendali evidenziati durante la stagione delle trimestrali. Tutti i principali indici azionari ha recuperato terreno dopo le perdite innescate dal “Liberation Day”.

Crediamo ci sia la possibilità di nuovi e ulteriori rialzi nei prossimi 12 mesi, seppur non mancherà la volatilità di fronte ai rischi di una nuova eventuale escalation commerciale o nel caso in cui i dati macroeconomici dovessero indebolirsi in maniera significativa e alimentare i rischi di una recessione. Gli investitori devono prepararsi a settimane e mesi che si prospettano volatili. Al momento attuale, le valutazioni non sembrano riflettere alcuna preoccupazione sulla crescita economica, per cui prevediamo vi sia un margine limitato per un’espansione dei multipli. Detto ciò, il miglioramento recente della fiducia dei consumatori dimostra come la situazione sia fragile e possa muoversi in entrambe le direzioni. Per questo motivo, raccomandiamo un’allocazione azionaria ben diversificata su aree geografiche e settori. 

Negli USA, gli utili delle aziende sono stati di nuovo resilienti nel Q1. Su base annua, sono cresciuti del 14% per l’S&P 500, superando le aspettative di 6,5 pp e con tre società su quattro che hanno pubblicato dei risultati migliori delle attese. Molte aziende hanno confermato i propri piani di spesa per investimenti, in particolare le cosiddette hyperscalers, che in alcuni casi non soltanto hanno confermato le spese per l’IA ma le hanno addirittura aumentate. I riacquisti di azioni proprie (buyback), inoltre, sono stati su livelli record grazie alla solidità dei bilanci. In soli tre mesi, sono stati annunciati buyback per USD500bn. Alla luce di questi sviluppi, siamo fiduciosi che l’S&P 500 nei prossimi 12 mesi possa registrare un guadagno tra la parte intermedia e alta della singola cifra e per questo abbiamo alzato il nostro target a 6.100 punti.

Dall’inizio dell’anno, gli indici azionari europei stanno registrando tra le migliori performance a livello globale, grazie ad un’economia in ripresa, ai tagli dei tassi della BCE, ai prezzi energetici in calo e alle aspettative di una maggiore spesa pubblica. Prevediamo vi siano ulteriori rialzi, in particolare anche perché scambiano ancora ad uno sconto importante rispetto alle controparti USA che non crediamo sia più giustificato. Il nostro nuovo target per lo STOXX Europe 600 è di 570 punti. 

Anche i mercati emergenti offrono possibilità di rialzi, supportati da un dollaro debole e più accordi commerciali con gli USA. Prevediamo che l’indice MSCI Emerging Markets raggiunga i 1.220 punti entro i prossimi 12 mesi. Guardando al Giappone, dove le revisioni degli utili aziendali sono state migliori rispetto al resto del mondo, crediamo ci siano opportunità di rialzi ma più limitati. Le revisioni al rialzo sulla crescita degli utili dovrebbero essere controbilanciate dall’apprezzamento della divisa, l’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato e un’inflazione in crescita. Abbiamo rivisto soltanto di poco il nostro target sull’indice MSCI Japan a 1.720 punti.

Materie prime: L’oro mantiene i suoi progressi


  • L’oro continua a trovare il supporto della guerra commerciale e i timori in materia di debito pubblico.
  • Il conflitto commerciale influisce sulle prospettive di rialzo del rame.
  • L’OPEC+ riduce i tagli alla produzione, ma il petrolio sembra aver raggiunto un minimo.

Dopo aver raggiunto un massimo storico a USD3.500 l’oncia il 22 aprile, i prezzi dell’oro sono scesi del 12% circa quando è stata annunciata una tregua temporanea all’escalation commerciale tra USA e Cina. Le posizioni lunghe sui mercati dei futures sono state ridotte parecchio. Tuttavia, la domanda di oro fisico da parte delle Banche Centrali continua ad essere solida così come quella degli investitori asiatici. Il contesto di incertezza sulle tariffe commerciali USA che farà seguito alla loro sospensione e il possibile impatto sull’economia, ma anche le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito pubblico, specialmente in US, continua a spingere gli investitori verso l’oro in qualità di bene rifugio. In futuro, è probabile ci saranno altre occasioni di prese di beneficio e temporanee discese dei prezzi.

Ma l’oro come strumento di copertura da eventuali rallentamenti continuerà a tenere la domanda su livelli sostenuti. Prevediamo l’oro a USD3.700 l’oncia entro giugno 2026. 

Negli ultimi mesi i prezzi del rame hanno subito delle distorsioni a causa delle possibili tariffe sulle sue importazioni. I prezzi sulle borse statunitensi sono stati più elevati rispetto al prezzo di riferimento quotato al LME.

A parte queste anomalie, i prezzi del rame al LME sono stati influenzati dal possibile impatto sulla crescita economica derivante dalle restrizioni commerciali, sebbene gli indicatori della domanda fisica di rame indicano che sia sostenuta al momento. Il dollaro debole e l’offerta limitata sono buoni presupposti per il prezzo del rame (target a giugno 2026 del rame: USD 9.590/t).

I prezzi del petrolio sono rimasti bassi, inficiati dalle possibili ripercussioni sulla domanda delle tensioni commerciali legate alle tariffe USA. L’OPEC+ ha aggiunto ulteriore pressione ai prezzi riducendo i suoi tagli volontari alla produzione di circa 2,2 milioni di barili al giorno con l’aggiunta di nuove quote mensili alla produzione. I prezzi del petrolio sono scesi vicino ai livelli di pareggio per buona parte dei produttori di greggio americano, limitando quindi la loro capacità di aumentare la produzione. Questo dovrebbe far sì che l’offerta di petrolio da parte dei Paesi non-OPEC+ rallenti dai livelli dell’anno scorso. Tuttavia, è difficile pensare che sia in grado di prevenire l’eccesso di offerta sul mercato sia quest’anno che l’anno prossimo.

L’offerta da parte dell’Iran rimane una variabile sotto osservazione ma di difficile previsione su cui le notizie, però, finora sono state bilanciate tra esiti positivi e negativi per la sua produzione di petrolio (target giugno 2026 Brent: USD 65 al barile). 

Come molti altri attivi rischiosi, i prezzi del carbonio sono andati sotto pressione nei giorni seguenti il 2 aprile insieme ai prezzi dei combustibili fossili. Tuttavia, crediamo che i prezzi risalgano gradualmente in vista dell’anno prossimo, quando il surplus di offerta di crediti diminuirà. I settori coperti dal Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) vedranno la propria allocazione venire meno. Inoltre, finirà il periodo di attuazione per il settore marittimo che dovrà restituire il 100% delle proprie emissioni garantite (anziché il 70% in precedenza).

Tassi di cambio: Ancora venti contrari per il USD


  • USD sotto pressione tra dazi e timori sul debito.
  • Domanda per l’EUR nonostante le tensioni commerciali.
  • Il JPY rimane un bene rifugio. La Cina cercherà di evitare un forte deprezzamento del CNY.

USD: A differenza di quanto si poteva pensare, il USD non si è rafforzato dopo l’implementazione dei dazi USA. Le preoccupazioni sugli impatti delle tariffe su fiducia dei consumatori ed economia reale hanno sopraffatto i possibili effetti inflattivi. Inoltre, si sta discutendo la riforma delle tasse negli USA e se sarà implementata come da programma farà salire di molto il debito pubblico. Gli investitori, quindi, hanno richiesto un aumento del premio al rischio per detenere i Treasury USA a lunga scadenza. Il rendimento del titolo a 30 anni è salito fino al 5,15%. La narrativa del mercato supporta l’idea che gli USA vogliano avere una divisa debole per supportare le proprie esportazioni e che gli investitori stranieri possano ridurre i Treasury USA in loro possesso. 

L’EUR dovrebbe beneficiare dell’opportunità di diversificazione che offre. La crescita economica, inoltre, è attesa migliorare dal 2026 grazie al piano di spesa fiscale per le infrastrutture in Germania. Non ci aspettiamo che il USD perda il suo ruolo di “valuta di riserva mondiale” nel prossimo futuro, né che sarà soggetto ad un’eccessiva svalutazione. Ma gli ingenti flussi che si sono mossi verso il USD negli ultimi anni potrebbero lasciare spazio agli investitori per una diversificazione. Prevediamo l’EUR/USD a 1,18 entro la fine di giugno 2026. 

GBP: Nel Regno Unito, i dati economici pubblicati nel Q1 hanno superato le aspettative, ma l’inflazione si è dimostrata più persistente del previsto. La BoE, pertanto, rimarrà cauta sui prossimi tagli dei tassi. Il Paese è stato il primo a siglare un accordo commerciale con gli USA, riducendo il rischio di un’escalation commerciale. Guardando a fine 2026, prevediamo che il GBP si apprezzi e il GBP/USD raggiunga l’1,40. 

JPY: Il Giappone potrebbe essere uno dei Paesi più colpiti dai dazi alle importazioni USA. Un accordo sarebbe quindi importante. Gli aumenti dei salari, i ricavi turistici record e il tasso di inflazione più alto di qualsiasi Paese del G10 giustificherebbero nuovi aumenti dei tassi di interesse da parte della BoJ. Tuttavia, i commenti degli esponenti della BoJ sono rimasti molto cauti nell’ultimo periodo. Ciò nonostante, i rendimenti dei JGB a 30 e 40 anni hanno raggiunto un massimo storico. Questo potrebbe portare gli investitori giapponesi a rimpatriare investimenti dagli USA, esercitando una pressione al rialzo sullo JPY insieme al suo status di valuta “rifugio sicuro”. Pertanto, prevediamo che il cambio USD/JPY raggiunga 130 alla fine di giugno 2026. 

CNY: La Cina ha prevenuto una svalutazione importante del CNY, anche quando gli USA avevano imposto dazi del 145% sui beni cinesi. Apparentemente, Pechino non vuole alienare gli investitori stranieri. Il CNY è tornato a un massimo degli ultimi sei mesi di recente. I dati economici rimangono contrastati, motivo per cui è probabile che Pechino annunci ulteriori stimoli fiscali nei prossimi mesi. Tuttavia, il CNY dovrebbe deprezzarsi lievemente. Il nostro target per la fine di giugno 2026 è USD/CNY7,30.