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db Premium Magazine
January 8, 2024
Il mondo secondo Peter Gabriel
Preceduto dalla pubblicazione dei vari singoli, il nuovo album dal titolo i/o conferma l’inesausta vena creativa dell’artista britannico.
Un disco inconsueto sotto molti punti di vista, quel “i/o” uscito lo scorso 1 dicembre con cui Peter Gabriel si ripresenta al pubblico: perché arriva a ben 21 anni di distanza dal precedente album di inediti, il tenebroso e ricercato “Up”; perché è stato di fatto pubblicato “a rate”, facendo uscire in digitale nell’arco di tutto il 2023 una canzone alla volta, in corrispondenza con il sorgere della luna piena; perché è proposto in tre diverse versioni di missaggio (il “Bright-Side Mix” di Mark “Spike” Stent, il “Dark-Side Mix” di Tchad Blake e il mix in Dolby Atmos firmato da Hans-Martin Buff); per la scelta di accompagnare ogni brano con un'opera d'arte visiva - scelta dallo stesso Gabriel - creata da pittori, scultori e artisti contemporanei (come già accaduto per i precedenti album "Us" e “Up").
Ma inconsueto anche per la ricchezza e la complessità dell’intera opera, che può ora finalmente essere gustata e compresa nella sua interezza e che comprende molteplici sfaccettature: l’elettronica e l’anima ritmica che sono un po’ la firma stilistica del musicista britannico, il suo amore per l’Africa (attraverso le voci del Soweto Gospel Choir presenti in tre canzoni), i richiami alla musica soul, al sound della Motown e al funk; il tutto con una serie di ballad che sfidano i normali tempi di fruizione, ormai velocissima, dei brani, proponendo pezzi della durata di cinque, sei o addirittura sette minuti.
Il risultato conferma la capacità di Peter Gabriel di proporsi come artista capace di creare un’opera di altissimo valore musicale (forte anche di una serie di collaborazioni di prestigio, come il pianista Tom Cawley, la violoncellista Linnea Olsson, il nostro Paolo Fresu e Josh Spack alla tromba, fino all’ormai leggendario Brian Eno), e al tempo stesso di proporre e approfondire tematiche di assoluta importanza e attualità.
Temi che spaziano dal concetto di condivisione (“Panopticom”) a quello del perdono (“Live And Let Live”), dallo scorrere inesorabile del tempo (“Playing For Time”) a esperienze pre-morte e situazioni di sindrome di blocco (“Road To Joy”), dalle complessità dei concetti di potere e giustizia (“The Court”) fino all’evocazione di drammatici eventi di cronaca (l’assassinio della parlamentare britannica Jo Cox da parte di un estremista, in “Love Can Heal”).
Nel complesso, un disco che conferma ancora una volta la visione di Gabriel della musica come strumento di conoscenza, di crescita, di denuncia, di evoluzione, e che rende il lavoro dell’artista settantatreenne di straordinaria attualità e valore.
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