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db Premium Magazine October 11, 2025

Man Ray, il maestro della luce

A Milano una rassegna dedicata al grande artista e al suo linguaggio sospeso tra intuizione e sperimentazione.

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Noire et blanche, 1926 - stampa ai sali d’argento, 17,3x23,5 cm - Collezione privata - © Man Ray 2015 Trust / ADAGP-SIAE – 2024. Image: Telimage, Paris

È dedicata a uno dei protagonisti assoluti dell’arte del Novecento la nuova mostra in programma al Palazzo Reale di Milano fino all’11 gennaio 2026: “Man Ray. Forme di luce” è il titolo della grande retrospettiva che vede al centro il geniale pittore, fotografo, regista e innovatore, pioniere di linguaggi visivi che continuano a influenzare l’arte, la fotografia, il design e la cultura contemporanea.

Nato a Philadelphia nel 1890 da una famiglia ebrea di origini russe, Emmanuel Radnitsky adottò ben presto lo pseudonimo “Man Ray” – unione di “Man” (uomo) e “Ray” (raggio di luce) – segnando così l’inizio di una vita e di una carriera profondamente votate alla sperimentazione artistica. Formatosi nell’ambiente vivace dell’arte americana di inizio secolo, la sua personalità si sviluppò grazie al contatto con le avanguardie europee e con figure decisive quali Marcel Duchamp, che lo introdusse a linguaggi artistici radicalmente nuovi.

Fin dagli esordi, Man Ray affianca alla pittura e al disegno l’assemblaggio di oggetti e l’uso della fotografia, inizialmente per documentare le sue opere e quelle dei suoi amici, e ben presto come mezzo creativo autonomo.
Nel 1921 si trasferisce a Parigi, dove entra in relazione con il gruppo surrealista guidato da André Breton e stringe rapporti con Louis Aragon, Philippe Soupault, Paul Éluard e Robert Desnos.

A Montparnasse conosce Alice Prin, nota come Kiki de Montparnasse, cantante e modella che diviene compagna dell’artista: insieme danno vita a una serie di immagini destinate a diventare icone della storia della fotografia, tra cui Le Violon d’Ingres e Noire et blanche. Kiki appare anche in tre film diretti da Man Ray: Le Retour à la raison (1923), Emak Bakia (1926) e L’Étoile de mer (1928). È in questi anni che l’artista affina alcune delle sue tecniche più innovative, come la rayografia, procedimento che consiste nell’esporre oggetti direttamente su carta fotosensibile senza l’uso della macchina fotografica. Il termine, coniato da Tristan Tzara, esprime perfettamente l’idea di una composizione creata con la luce, tra sperimentazione e poesia.

Alla fine degli anni Venti, con la fotografa Lee Miller – nuova compagna e musa – sviluppa la tecnica della solarizzazione, in cui i contorni delle immagini assumono un’aura luminosa e spettrale, ottenuta attraverso un’esposizione parziale alla luce in fase di sviluppo. Nel corso degli anni Trenta, Man Ray si dedica anche alla fotografia di moda, rivoluzionando il linguaggio visivo del settore con uno stile sofisticato, ironico e tecnicamente innovativo. Collabora con importanti case di moda e stilisti come Paul Poiret, Elsa Schiaparelli, Jean-Charles Worth e Coco Chanel, pubblicando le sue immagini su riviste internazionali.

In parallelo, continua a esplorare le possibilità offerte dal cinema, firmando quattro film fondamentali per la storia dell’avanguardia europea.
Con Meret Oppenheim realizza nel 1933 la celebre serie Erotique-voilée, mentre l’anno successivo conosce Adrienne “Ady” Fidelin con cui intrattiene una relazione sentimentale e artistica.

Dopo la disfatta della Francia nel 1940, Man Ray torna negli Stati Uniti dove incontra Juliet Browner, ballerina e modella, che diventerà sua moglie e musa.

Nel 1951 rientra definitivamente a Parigi, dove continuerà a lavorare fino alla sua morte, avvenuta nel 1976.
La mostra milanese, curata da Pierre-Yves Butzbach e Robert Rocca, propone circa trecento opere tra fotografie vintage, disegni, litografie, oggetti e documenti provenienti da importanti collezioni pubbliche e private: immagini pervase da ironia, eleganza, provocazione e libertà, che restano attualissime e testimoniano il ruolo fondamentale che Man Ray ha avuto nel ridefinire i confini dell’arte del secolo scorso.

Il percorso espositivo consente di ripercorrere l’intera parabola creativa dell’artista attraverso i suoi principali temi e motivi ispiratori: gli autoritratti, dove l’artista gioca con la propria identità e costruisce personaggi ambigui e camaleontici; i ritratti degli amici intellettuali e degli ambienti culturali europei e americani tra le due guerre; la figura femminile, incarnata nelle sue muse, che attraversa tutta la sua opera come fonte di ispirazione e oggetto di sperimentazione visiva; i nudi, trattati come forme astratte, frammenti simbolici e composizioni di luce; le rayografie e le solarizzazioni, testimonianza della sua incessante ricerca tecnica e poetica; la moda, linguaggio in cui eleganza e avanguardia si fondono con naturalezza; i multipli e i ready-made, espressione della sua adesione allo spirito dadaista e della sua indifferenza verso l’unicità dell’opera d’arte. Infine il cinema, territorio di libertà assoluta e sperimentazione pura, trova ampio spazio nell’esposizione con la proiezione dei film Le Retour à la raison (1923), Emak Bakia (1926), L’Étoile de mer (1928) e Les Mystères du Château de Dé (1929).

Informazioni:

MAN RAY. Forme di luce
fino all’11 gennaio 2026

Palazzo Reale
Piazza Duomo 12, Milano

Orario: martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle ore 10 alle ore 19.30; giovedì dalle ore 10 alle ore 22.30 (lunedì chiuso)
Ingresso: 15 euro intero (13 euro ridotto)
Per ulteriori informazioni: www.palazzorealemilano.it - tel. 02 91 446 160


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