Opportunità, sfide, rischi e aspettative per l'anno in arrivo
Crescita lenta ma solida, inflazione in calo, mercati azionari e obbligazionari positivi, tematiche ESG sempre in primo piano: questi i temi principali dei prossimi mesi.
Crescita lenta ma solida, inflazione in calo, mercati azionari e obbligazionari positivi, tematiche ESG sempre in primo piano: questi i temi principali dei prossimi mesi.
A cura del Team CIO & Consulenza Avanzata di Deutsche Bank – Private Bank Italy
Andamento congiunturale
Nel 2022 le previsioni macroeconomiche per l’economia USA indicavano un rallentamento dell’economia, in alcuni casi una recessione. La prima potenza mondiale, invece, ha resistito molto meglio delle previsioni, anche se nell’ultimo trimestre del 2023 si è osservata una moderazione del ritmo di crescita. La discesa dell’inflazione ha dato sostegno ai salari reali il cui aumento ha permesso di mantenere i consumi elevati durante l’intero anno. Il deficit pubblico su livelli estremamente elevati e osservati soltanto durante periodi di crisi economica ha fornito un ulteriore elemento di aiuto alla crescita USA. Le condizioni finanziarie, tuttavia, sono rimaste restrittive e gli impatti delle manovre delle Banche Centrali si stanno gradualmente dispiegando sull’economia reale. Alla luce di questa considerazione, per il 2023 è stimata una crescita comunque solida al 2,3% ma si prevede un rallentamento a un ritmo più contenuto dello 0,8% per il 2024. L’ipotesi di una recessione appare improbabile, anche grazie al proseguimento di un elevato livello di spesa pubblica per il prossimo anno.
Per quanto riguarda l’inflazione, sono stati raggiunti obiettivi significativi. Il tasso di crescita dei prezzi è sceso da oltre il 6% all’inizio dell’anno al 3,1% a novembre 2023. Il calo ha coinvolto in maniera differente le diverse componenti dell’inflazione, anche se i progressi sono stati notevoli anche nelle componenti più vischiose. Un tasso di disoccupazione ancora vicino ai minimi storici, tuttavia, mantiene i rischi inflattivi relativamente elevati. Il livello dei tassi di interesse ufficiali al 5,25-5,50% dovrebbe però contenere questi rischi insieme al raffreddamento dell’economia che dovrebbe allentare la domanda di beni e servizi.
La moderazione della crescita e il calo dell’inflazione dovrebbero indurre la Federal Reserve (Fed) a tagliare i tassi a partire da giugno 2024. Prevediamo tre tagli ai tassi ufficiali nel corso del 2024, ma non di più. L’inflazione, infatti, è destinata a mantenersi elevata in maniera strutturale a causa di fenomeni quali ad esempio il “re-shoring” delle catene di approvvigionamento.
L’Eurozona, a differenza degli USA, ha vissuto un anno più travagliato. Il motore principale dell’economia dell’Area Euro, la Germania, ha sperimentato una crescita anemica per l’intero 2023. Il proseguimento della guerra in Ucraina, con il conseguente venire meno della principale fonte di energia a basso costo (ossia il gas russo), e le difficoltà attraversate dall’economia cinese hanno pesato sull’economia tedesca e quindi, a sua volta, sull’Eurozona. La buona tenuta dell’economia globale, tuttavia, ha permesso comunque una discreta crescita in aggregato dell’Area Euro. Si prevede un aumento del PIL dell’Eurozona dello 0,7% per il 2023, in linea a quello stimato per il 2024. La ripresa dell’economia cinese rappresenta un elemento di sostegno per l’Eurozona. Anche tra i Paesi membri dell’Euro l’inflazione ha registrato un calo durante il 2023. La Banca Centrale Europea (BCE) ha portato il tasso di deposito al 4% restringendo le condizioni finanziarie per famiglie e imprese. La crescita anemica ha inoltre avuto un impatto sui consumi e la domanda di credito si è ridotta, lasciando buone indicazioni sul percorso futuro dell’inflazione. Tuttavia i prezzi dell’energia, che si sono raffreddati durante buona parte dell’anno, hanno registrato un incremento nei mesi finali rinnovando il rischio di una crescita dei prezzi per il breve/medio periodo. Per il 2023 l’inflazione dovrebbe attestarsi al 5,7% per poi scendere al 2,9% nel 2024.
Il tasso di deposito al 4% per la BCE rappresenta, con buone probabilità, il picco dei tassi di interesse ufficiali. L’economia dell’Eurozona è stata debole nel 2023 e, alla luce dei principali dati macroeconomici, difficilmente recupererà lustro nel 2024. Se l’inflazione proseguisse il suo recente andamento, la BCE potrebbe allentare la politica monetaria a partire dal mese di giugno del 2024 e per poi ridurre i tassi ancora due volte entro dicembre.
In Giappone, dopo un primo semestre dinamico, l’economia ha dato segnali di rallentamento nella seconda parte del 2023. Tuttavia l'economia dovrebbe evitare una recessione, grazie ai tassi d'interesse reali profondamente negativi che dovrebbero essere un buon supporto per i consumi e gli investimenti in futuro. Prevediamo una crescita del PIL nel 2023 del 2,1% e dell’1% nel 2024. Sul fronte inflattivo il Giappone ha avuto un problema meno pronunciato rispetto alle maggiori economie sviluppate. I prezzi sono aumentati anche nel Paese del Sol Levante, ma c’è stata anche una certa soddisfazione nel Paese per il ritorno dell’inflazione dopo decenni di fasi deflattive che si sono alternate. Le previsioni di inflazione per il 2023 e il 2024 sono rispettivamente al 3,2% e al 2,3%.
La Bank of Japan (BoJ) ha compiuto un passo significativo verso la normalizzazione della politica monetaria, modificando il controllo della curva e consentendo ai rendimenti dei JGB a 10 anni di superare potenzialmente l’1%. Prevediamo che nel 2024 possa terminare il periodo di tassi di interesse negativi nella primavera dell’anno prossimo, alzando il tasso di riferimento dall’attuale -0,1% a un livello appena sopra lo zero.
Concludendo l’analisi congiunturale con uno sguardo alla Cina, la seconda economia mondiale dovrebbe crescere del 5,2% nel 2023 e del 4,7% nel 2024. Il settore manifatturiero e gli investimenti infrastrutturali hanno beneficiato del sostegno della politica fiscale. Tuttavia, la debolezza del mercato immobiliare rimane il principale freno alla crescita.
L’inflazione è completamente rientrata nel Paese del Dragone e dagli ultimi dati emersi nel 2023 si osserva una tendenza deflazionistica. Anche se in parte dovuta alla notevole riduzione dei prezzi degli alimentari, la discesa dei prezzi è anche riflesso di una debole domanda interna che continua a languire. Nel 2023 la crescita dei prezzi dovrebbe essere dello 0,5% per poi risalire all’1,8% nel 2024. La Banca Centrale cinese ha più volte allentato la politica monetaria ed è probabile che prosegua su questa strada anche nel 2024.
1 Per gli Stati Uniti, la crescita del PIL Q4/Q4 % è 2,4% nel 2023 e 0,4% nel 2024.
2 La misura è il Consumer Price Index (CPI).
Fonte: Deutsche Bank AG. Previsioni al 15 Novembre 2023
Geopolitica
La geopolitica è tornata con forza in primo piano nel corso degli ultimi due anni ed è destinata a rimanere al centro dell’attenzione per i prossimi anni. Non solo la guerra tra Russia e Ucraina e il conflitto in Medio Oriente, ma anche e soprattutto le rinnovate tensioni tra USA e Cina determineranno un nuovo equilibrio di accordi politici ed economici su scala globale. Il vantaggio tecnologico si configura come il fattore chiave per la leadership politica ed economica globale, ponendo gli Stati Uniti nel ruolo di leader e collocando la Cina come principale sfidante (con una propria strategia tecnologica). La corsa alla leadership tecnologica trasforma in un certo senso la gestione dei compiti a livello globale in una competizione per le risorse, dalle materie prime al capitale umano e all'istruzione, passando per il know-how e la proprietà intellettuale, mettendo a rischio la resilienza delle catene di approvvigionamento. Queste tensioni, così come altri conflitti e le restrizioni che ne derivano, stimolano la ricerca di nuove alleanze e accordi internazionali in regioni e Paesi orientati al commercio, come l'Europa, l'India, le nazioni della Penisola Araba o la Russia, e in quelli che mirano ad aumentare la loro partecipazione al commercio internazionale.
Indipendentemente dal partito che ha governato gli Stati Uniti a partire dal 2017, si è osservato un cambio di direzione dei flussi commerciali in questo senso, accompagnato da interventi commerciali come restrizioni all'esportazione o all'importazione. E queste non sono diminuite con l'inizio della presidenza di Joe Biden. Si stanno concludendo nuovi accordi commerciali ma, a differenza del passato, gli accordi multilaterali sono meno numerosi di quelli bilaterali. Il Nearshoring e il Friends-Shoring sono soluzioni di politica economica volte a migliorare la resilienza delle catene di approvvigionamento e garantire l’accesso alle risorse grazie a partner affidabili. Questo potrebbe portare alla nascita di nuove alleanze tra partner con interessi comuni a diversi livelli. Allo stesso tempo, gli sviluppi politici interni a ciascun Paese potrebbero avere una maggiore influenza sulle decisioni di politica estera e sulle alleanze internazionali – non solo nelle società democratiche. Le elezioni previste per il prossimo anno, ad esempio negli Stati Uniti, nell'Unione Europea, in India e a Taiwan, sono quindi molto attese in tutto il mondo.
Le barriere commerciali come sanzioni o restrizioni e modifiche agli accordi politici o economici potrebbero rappresentare una sfida per le economie aperte basate sul commercio estero. USA e Cina potranno più o meno limitarsi a soddisfare la propria domanda interna e a commerciare con i loro partner più stretti. Al contrario, le economie orientate all'esportazione, come la Germania e il Giappone, saranno colpite più duramente dalle sanzioni e dai problemi sulle catene di approvvigionamento.
Economia
In un mondo sempre più multipolare, che sta cambiando a un ritmo senza precedenti grazie ai progressi tecnologici, una delle principali sfide che le economie nazionali devono affrontare è come generare una crescita economica sostenibile, dove con quest’ultimo termine si intende sia “di lungo termine”, sia con riferimento anche a un’esplicita considerazione delle tematiche ambientali, sociali e di governance (ESG).
Per raggiungere questo obiettivo nei prossimi anni verranno investite migliaia di miliardi di dollari USA in tutto il mondo. Programmi di investimento mirati a tali obiettivi includono il piano per le infrastrutture approvato nel 2021 e l'Inflation Reduction Act negli Stati Uniti, nonché il fondo di rilancio NextGenerationEU in Europa. Tuttavia, diversi piani di investimento sono stati promossi anche in molte altre regioni del mondo. Il programma NextGenerationEU in particolare, che insieme al bilancio di lungo termine dell'Unione Europea (il cosiddetto “Quadro finanziario pluriennale”) fornirà investimenti per oltre 2 mila miliardi di euro fino al 2027, testimonia le possibilità di una spesa mirata. A differenza degli Stati Uniti, dove sembra che i fondi vengano distribuiti in modo dispersivo, in Europa l'allocazione dei capitali è legata all'attuazione di riforme specifiche. Questo processo potrebbe richiedere più tempo, ma definisce un quadro chiaro che convoglia gli investimenti in aree prioritarie sia per il governo che per la società: mercato del lavoro, energie rinnovabili, digitalizzazione, tutela dell'ambiente, mobilità elettrica e diversità. Sia negli Stati Uniti che in Europa si renderà necessario attrarre anche investitori privati poiché questi sono più attenti all’uso efficiente del capitale. L'Europa, in particolare, sembra essere sulla strada giusta, ma le misure adottate finora sono ancora lontane dal raggiungere il loro obiettivo. È proprio grazie anche ai vasti programmi di investimento che non si prevede una recessione in nessuna delle principali aree geografiche nel 2024.
Inflazione
Negli ultimi 18 mesi, la lotta all'inflazione è stata la questione dominante in materia di politica monetaria per molte delle principali Banche Centrali del mondo, anche se non per tutte. Mentre i prezzi sono aumentati notevolmente soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, le economie asiatiche, ad esempio, hanno avuto pochi problemi di tassi d'inflazione molto elevati. A dire il vero, in Cina i timori di un'imminente deflazione sono aumentati di recente.
I tassi d'inflazione annuali sono diminuiti in modo significativo, in parte come conseguenza del calo dei prezzi dell’energia, degli effetti base favorevoli e dei tassi d'interesse più elevati nel mercato dei capitali in seguito alle politiche monetarie restrittive. Le Banche Centrali come la Fed e la BCE hanno diminuito il ritmo dei rispettivi piani di stretta monetaria. Tuttavia, è improbabile che riportino i tassi ufficiali ai bassi livelli del recente passato, anche dopo il 2024. Occorre anche aggiungere che esiste ancora la possibilità che si possano verificare di nuovo effetti primari sull’inflazione, ad esempio nel caso in cui i prezzi del petrolio dovessero salire di nuovo in maniera significativa nel 2024, con un impatto diretto sui prezzi dei beni al consumo e dei servizi. Questo potrebbe ritardare qualsiasi allentamento della politica monetaria.
Infine, in tutte le regioni, la transizione necessaria verso un'economia verde potrebbe avere un effetto inflazionistico nel lungo termine. Questo perché un cambiamento sostenibile porterà inevitabilmente a una maggiore domanda di materie prime e a un aumento dei prezzi, ad esempio, dei metalli industriali. In particolare, in molti Paesi la politica fiscale espansiva sembra giocare un ruolo significativo: la correlazione tra misure di investimento pubblico e prezzi è una delle lezioni ricavate dal periodo di iperinflazione degli anni Settanta.
Obbligazionario
Con il calo dell'inflazione e l'aumento dei tassi d'interesse osservati nel 2023, nel corso dell'anno si è raggiunto un certo equilibrio sul mercato obbligazionario. Di conseguenza, dopo anni di tassi d'interesse estremamente bassi, l’universo investibile è tornato a essere di nuovo completo grazie alla rinnovata attrattività delle obbligazioni come asset class – e, a nostro avviso, è probabile che rimanga tale nel prossimo futuro.
L'andamento dei tassi d'interesse reali, cioè corretti per l'inflazione, offre ai potenziali investitori obbligazionari motivo di soddisfazione. I tassi reali si trovano ora in territorio positivo – in alcuni casi in modo significativo – in tutti i principali segmenti del mercato obbligazionario. Nel 2024 prevediamo un rendimento a singola cifra, da media a elevata, sulla maggior parte dei mercati obbligazionari mondiali.
Con i tassi di interesse ufficiali previsti rimanere su livelli elevati, seppur in calo da quelli attuali, e la crescita rimanere positiva, crediamo questo connubio dovrebbe produrre la fine all’inversione della curva dei rendimenti del Treasury USA grazie a un calo maggiore dei tassi sulla parte breve della curva. Prevediamo un rendimento del Treasury a 2 anni al 3,95% entro dicembre 2024 e al 4,2% per quello a 10 anni. Ci aspettiamo di osservare una dinamica simile anche in Eurozona con la curva del Bund in normalizzazione. Stimiamo che i rendimenti del Bund a 2 anni e a 10 anni scendano rispettivamente al 2,70% e al 2,50% nel corso del 2024.
Nonostante i buoni rendimenti offerti dai titoli governativi, le obbligazioni societarie ci appaiono più attraenti dei titoli di Stato, grazie a un extra-rendimento interessante unito a dei solidi fondamentali. Le obbligazioni societarie di qualità, grazie ai rendimenti elevati, inoltre, potrebbero beneficiare di un possibile ritorno di flussi di capitale da forme di investimento alternative, come quello immobiliare. Anche se più elevato in termini assoluti, le obbligazioni ad alto rendimento (HY) incorporano un rischio troppo elevato di fronte a un contesto di dati economici in rallentamento e tassi di insolvenza in risalita. I problemi di rifinanziamento, specie per gli emittenti più speculativi, riducono l’attrattività del segmento.
Infine, ci aspettiamo che i titoli sovrani EM potrebbero andare incontro a un calo degli spread nel segmento HY grazie agli aiuti fiscali delle autorità internazionali per supportare le finanze pubbliche. Allo stesso modo, anche il credito EM dovrebbe vedere una compressione degli spread, specie nel segmento HY, grazie a una politica monetaria di supporto per i mercati dei Paesi sottostanti.
Fonte: Deutsche Bank AG. Previsioni al 15 Novembre 2023
Fonte: Deutsche Bank AG. Previsioni al 15 Novembre 2023
Azionario
Nel 2023 il movimento registrato dall’azionario ha sorpreso parecchi investitori. Il consensus della comunità finanziaria prevedeva una recessione nelle maggiori economie sviluppate: pertanto, l’attesa diffusa era a favore di una performance molto contenuta, se non nulla o addirittura negativa. La sorprendente resilienza dell’economia americana soprattutto, e in parte di quella di alcuni Paesi dell’Eurozona, ha permesso ai mercati azionari di registrare ottime performance nel 2023. In autunno, un rapido e consistente aumento dei tassi di interesse a lunga scadenza aveva imposto una correzione agli indici azionari i quali, tuttavia, sono rimbalzati rapidamente nelle settimane successive grazie proprio al calo dei rendimenti. Le dichiarazioni più accomodanti dei banchieri centrali e la pubblicazione di dati macroeconomici che lasciavano intravedere la possibilità di un soft landing hanno concesso nuovamente respiro all’azionario globale.
Per il 2024 una crescita economica moderata, un'inflazione in calo e la prospettiva di tagli dei tassi d'interesse da parte delle Banche Centrali costruiscono un contesto macroeconomico favorevole per i mercati azionari, anche perché storicamente è dimostrato che gli utili delle aziende diminuiscono raramente al di fuori dei periodi di recessione. Anche se non sarà necessariamente facile per le aziende mantenere i buoni utili registrati negli ultimi mesi anche nel 2024, dato che è atteso un rallentamento dell'economia, siamo convinti che in linea di massima dovrebbe essere possibile proseguire in questa direzione. Nel 2024 prevediamo una crescita degli utili per azione del 10% a livello globale, crescita appena superiore alla doppia cifra negli Stati Uniti e alla elevata ma singola cifra in Europa. Le nostre previsioni rimangono comunque leggermente inferiori a quelle della comunità degli analisti a livello globale.
In termini geografici, gli Stati Uniti appaiono il mercato più interessante per gli investitori azionari nonostante le valutazioni elevate, soprattutto perché ci si aspetta che l'economia statunitense eviti una recessione (soft landing). Il mercato è esposto in modo significativo a temi fondamentali come l'intelligenza artificiale, la digitalizzazione e il cloud computing. Riteniamo che il mercato azionario europeo meriti una maggiore attenzione, anche grazie alle valutazioni relativamente basse e soprattutto perché la Cina – un importante partner commerciale – sembra essersi rimessa in carreggiata da un punto di vista economico. Per gli investitori che cercano un'esposizione all'Asia, il Giappone rappresenta un'opzione promettente, in particolare insieme alla Cina, dove prevediamo un'elevata crescita degli utili nel 2024 in un contesto di valutazioni favorevoli. Tuttavia, per quanto riguarda la Cina occorre precisare che l’investimento nelle azioni del Paese presenta un’elevata sensibilità ai rischi geopolitici. L'India rimane un'opzione interessante per gli investitori in una prospettiva di investimento a lungo termine. Sebbene le valutazioni siano molto elevate, lo sono anche le opportunità di crescita, in parte legate a un mercato interno molto robusto.
Fonte: Deutsche Bank AG. Previsioni al 15 Novembre 2023
ESG
L'impatto dei fattori ESG sugli investimenti rimane complesso, ma è fondamentale comprenderlo. Si pensi ad esempio al settore energetico e al processo di "transizione energetica" verso fonti più sostenibili. Le fonti rinnovabili e l'energia pulita costituiscono ormai il percorso condiviso della transizione dai combustibili fossili mentre la capacità dell’energia solare ed eolica continua ad aumentare. Tuttavia, il 2023 ha visto i titoli azionari dell’energia pulita (e dei relativi fondi) registrare una performance deludente rispetto al mercato e anche rispetto a quella di alcuni produttori di idrocarburi. In una certa misura, si può sostenere che le recenti battute d’arresto negli investimenti nell’energia pulita siano un segno del successo del settore. L'energia pulita è ormai accettata come mainstream e il fatto che possa essere classificata come investimento ESG non significa che sia immune dalle normali considerazioni di mercato e di investimento.
La sensibilità al contesto macroeconomico è particolarmente evidente se ci si sofferma sulle start-up o piccole società che operano nel settore dell’energia pulita. Molti sono stati vittime dell'aumento dei tassi d'interesse. Le start-up (nel settore energetico o in altri settori) necessitano di finanziamenti e i tassi d'interesse elevati possono mettere a dura prova la loro capacità di far fronte al debito. Inoltre, le valutazioni delle start-up dipendono spesso in misura maggiore dalla previsione di flussi di cassa attesi rispetto a quella degli operatori storici. Più i tassi d'interesse aumentano, più questi flussi futuri vedono il proprio valore attuale ridursi, riducendo a sua volta l'attrattività di un'azienda per gli investitori.
Pertanto, per il 2024, dovremmo innanzitutto renderci conto che gli investimenti ESG soffriranno di molti degli stessi aspetti positivi e negativi degli investimenti non ESG. Il peso del debito, come in ogni settore in evoluzione, può anche innescare un processo di consolidamento del mercato stesso in cui solo pochi grandi operatori sopravvivono – una fattispecie che si è osservata nel settore dell'eolico offshore di recente. In secondo luogo, bisogna fare attenzione ad assumere una prospettiva macroeconomica. Nel lungo periodo, l'andamento del mercato nel settore degli idrocarburi lascia intravedere ancora un'industria destinata al declino. In terzo luogo, l'energia pulita e altri investimenti ESG dovrebbero essere sempre presi in considerazione in relazione al processo di transizione sostenibile. Concentrarsi solo sull'esclusione (ad esempio, non investire negli idrocarburi) può ostacolare anziché favorire questo processo di transizione. A un certo punto potrebbe essere più sensato, in termini di ritorni ambientali e rendimenti finanziari, investire in imprese con attività non ESG che si impegnano in un percorso di miglioramento ambientale e riduzione delle emissioni di carbonio (e sono in grado di mostrare risultati trasparenti).
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