Giovani italiani all’estero, due su tre pronti a tornare
Nel 2024 quasi 22.000 giovani italiani sono rientrati dall’estero. Un dato in crescita che emerge dal dossier "Giovani all’estero: tra opportunità di lavoro e voglia di crescita", realizzato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.
I giovani italiani partono per formarsi, crescere e sperimentare nuovi contesti professionali. La mobilità giovanile all’estero aumenta ma è sempre più consapevole, progettuale e spesso temporanea. Infatti, due giovani su tre considerano possibile un ritorno in Italia, a patto che si creino condizioni più favorevoli: non solo salari più competitivi (91,5%), ma anche valorizzazione del merito (78%), reali opportunità di crescita professionale (71,2%) e una maggiore cultura manageriale nelle imprese (42,9%). È quanto emerge dal nuovo dossier “Giovani all’estero: tra opportunità di lavoro e voglia di crescita”, realizzato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.
Nel 2024, secondo i dati Istat diffusi ad aprile 2025, oltre 93mila giovani italiani tra i 18 e i 39 anni hanno trasferito la propria residenza all’estero segnando un incremento del 107,2% rispetto al 2014 (quando furono 45mila). Nello stesso anno, però, sono rientrati quasi 22mila giovani italiani su un totale di quasi 53mila rientri, una cifra percentualmente in aumento rispetto al passato. Un dato che fotografa l’espansione di un fenomeno che, alla luce dei dati, non può più essere letto solo in termini di “fuga di cervelli”. Solo il 26,5% dei giovani intervistati ha indicato la mancanza di lavoro in Italia come motivo principale della partenza. Più spesso a motivare la scelta sono il desiderio di fare un’esperienza diversa (40,5%), la disponibilità di una buona opportunità (22,5%) e la volontà di arricchire il proprio curriculum in chiave internazionale (18,5%).
Ad ogni modo, vivere all’estero non sempre si traduce in un miglioramento della qualità della vita. L’indagine, condotta su un campione significativo di giovani italiani espatriati o rientrati negli ultimi cinque, evidenzia diverse criticità: sebbene il 57,9% si dichiari molto soddisfatto dell’esperienza fatta, solo il 19,4% valuta molto positivamente la qualità delle relazioni personali, il 21,4% esprime giudizi negativi sulla meritocrazia e il 64,8% segnala l’elevato costo della vita come fattore penalizzante. Inoltre, solo il 29,3% si dice molto soddisfatto delle retribuzioni percepite in rapporto alle spese.
A cura de Il Sole 24 Ore
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